7 Marzo 2020

Il castello dei ricordi perduti

di Patrizio Greco

da I racconti nel Castello,
antologia della Prima edizione del Premio Letterario “Città di Barletta”.

Nell’azzurro di uno splendido cielo limpido, un puntino rosso si spostava velocemente cambiando di tanto in tanto direzione. Jordan sorrideva soddisfatto e si godeva la sua nuova fiammante flyingdrop.
« I comandi manuali sono molto sensibili ma ci farò l’abitudine » disse ad alta voce mentre gettava uno sguardo ammirato al panorama sottostante.
« I colleghi moriranno d’invidia a vedermi con questo gioiellino. Adesso però, basta giocare e prepariamoci al rientro: pilota automatico, aziona. Notiziario. »
« Pilota automatico azionato, temperatura esterna diciannove gradi, cielo sereno, prevista pioggia nella serata. Notiziario di martedì 26 marzo 2509. I maggiori capi di stato si sono riuniti a Vassintown per discutere del surriscaldamento ambientale nelle aree metropolitane. Ritrovato un misterioso dipinto nell’area archeologica del Luver, nell’antico sito di Perrigi. Eseguito a Città dello Stretto un altro trapianto di cervello. La mente di un uomo è stata trapiantata in un corpo di statura elevata. Il paziente ha dichiarato che, a parte un leggero senso di vertigine, è felice del suo nuovo aspetto. Notizie sportive. Nel torneo nazionale di Strangeball, la squadra della Gioventina è stata indagata per illecito sportivo. Il Comitato sportivo prevede il ritiro degli ultimi due titoli acquisiti… »
« Chiudi notiziario! Non se ne può più, sempre le stesse notizie. »
Jordan sorvolò i campi dove alcuni agricoltori erano intenti a lavorare la terra. I contadini si fermarono e alzarono lo sguardo per ammirare la flyingdrop con la carena rossa screziata d’arancione e la tettoia trasparente che emanava riflessi iridescenti.
« Prepararsi all’arrivo: due unità di volo per Barretta-Adria. Temperatura esterna trentotto gradi. Scendo ad altezza volo urbano, terminali Torri di Via Imbriani occupati. Torri di Via Cialdini occupate. Torre sede, terminal venticinque, quarantesimo piano… libero. »
« Procedi! »
« Mezzo volo e cinquanta secondi all’aggancio. Quaranta secondi… dieci… aggancio effettuato. Cabina al piano. »
« Apri cabina, scendo. Antifurto, aziona. »
« Antifurto azionato. A presto Jordan. »
Dalla cabina Jordan scrutò la città. Sulle pareti delle altissime torri correvano i cilindri dove attraccavano le flyingdrops: sembravano tanti chicchi d’uva appesi al raspo. Il traffico veicolare era intenso a tutte le altezze. Non appena si accendeva una luce verde, una goccia di volo occupava il posto di quella appena partita. Il suo sguardo si posò su una chiazza di vegetazione che sembra brillare tra la giungla delle costruzioni. Stava per formulare delle riflessioni su quel luogo, quando alle sue spalle si aprì la porta della cabina.
« Piano settantacinque. È arrivato, signor Lucchetta. »
Nell’atrio che attraversa a lunghe falcate, una serie di scrivanie sembrava costringerlo a un percorso obbligato.
Un’impiegata lo salutò: « Bentornato, signor Lucchetta. Tutto bene a Mylane. »
« Tutto bene. Grazie, Terrisa, hai visto il capo? »
« È nel suo ufficio. »
« Bene! »
Dopo poco Jordan Lucchetta bussò alla porta del suo direttore.
« Bentornato, Jordan e complimenti. »
« Grazie Franzi. Sono contento che ti piaccia la mia nuova flyingdrop. »
« Non scherzare, mi riferisco al contratto che hai chiuso a Mylane con la Billding Company. I nostri arredi riempiranno le migliori aziende dei nuovi centri commerciali. Siediti, prendi qualcosa? »
« No, grazie. Sai cosa voglio sapere. Mi è giunto all’orecchio che hai affidato l’affare Nastascia a Grim Valli, il nuovo arrivato. »
« Sì, è vero. E sai anche perché l’ho fatto: il ragazzo ha bisogno d’incoraggiamento per potersi inserire al meglio. »
« Bravo, e così gli hai consegnato una trattativa da me avviata e ormai quasi conclusa. Il presidente della Nastascia, Gori Cirilli, è mio amico e resterà male vedendo arrivare Valli al mio posto. »
« Meglio se è tuo amico, non avremo problemi. Mi dispiace! »
« Mai quanto a me. Non penso che ti dispiaccia tanto da attivare il Cancellatore. Io, invece, dovrò farlo. »
« Se devi azionare il tuo Cancellatore, fallo pure, ma ti ricordo che riceverai ugualmente una buona percentuale. »
« Sai che ti dico? Mi prendo qualche giorno di riposo e al diavolo tutto il resto. »
« Accordato! Divertiti. »
Appena fuori dalla porta, Jordan estrasse dalla tasca un’agenda. La aprì, oltre al display c’erano una serie di piccoli tasti neri, ne premette sei in sequenza incrociata.
« Cancellatore, aziona. »
« Cancellatore attivato. Attendere il segnale acustico: zzzz… fiu… zzz. Tutti i tuoi ricordi negativi sono stati cancellati. Cancellatore aggiornato alle ore dodici e… zero cinque minuti del… ventisei marzo duemilacinquecentonove. Operazione conclusa, sorridi Jordan! »
Poi di nuovo nell’ascensore, con il viso illuminato e felice da farlo sembrare quasi un imbecille. Il riflesso di un raggio di sole lo abbagliò. Un viso di donna sembrava emergere dai giochi di luce: era una ragazza dallo sguardo dolcissimo, capelli neri, occhi chiari, dall’aspetto familiare. Jordan non comprendeva; altre volte quella visione si era materializzata dopo l’uso del Cancellatore. Il suo sguardo cadde ancora su quella chiazza di verde al centro della quale spiccava una costruzione quadrangolare, biancheggiante con possenti spalti lanceolati ai vertici. L’espressione di Jordan cambiò nuovamente.
“Il Castello Svevo…” pensò. “È lì che vanno a finire tutti i ricordi rimossi. E poi contiene anche i libri e nessuno sa più cosa siano. Devo sapere.”

Guardava fuori dalla vetrata quella pioggia che scendeva fitta e lavava ogni cosa. Come un Cancellatore, l’acqua sembrava voler ripulire la città dalla polvere dei ricordi, quelli cattivi. Aveva trascorso il pomeriggio a cercare in ogni angolo dell’appartamento, in ogni file dei suoi archivi e soprattutto in ogni più recondita piega della sua memoria. Non aveva trovato niente che potesse associare a quel viso meraviglioso. Eppure l’esistenza di quella ragazza gli sembrava concreta, anzi a momenti aveva perfino l’impressione di potersene ricordare il nome, un nome che inizia con Fa… Fa… fa niente. Forse era solo un’illusione creata dal miscuglio dei suoi precedenti divorzi: quindici, fino a quel giorno. Sì, certamente erano pochi, giacché gli uomini alla sua età, in genere, ne accumulavano almeno il doppio. “È la vita del ventiseiesimo secolo” rimuginava. “Ci si incontra, si fa conoscenza, si sta insieme per un po’ e al primo dissapore ci si lascia. Si aziona il Cancellatore e di quella persona non resta più nulla, neppure i buoni ricordi.” Bisognava garantire che i ricordi felici non aiutassero quelli negativi a emergere e, nel caso di un rapporto di coppia, nessuno poteva escluderlo. Forse era anche colpa del Generatore d’orgasmi multipli. Da tempo il programma era installato in tutte le agendine personali, insieme al Cancellatore, ai Codici d’individuazione e possesso, agli antifurti a frequenze variabili. Ogni donna poteva avere a comando tutti gli orgasmi possibili e a ogni ora della giornata. Ormai lo facevano liberamente anche per strada o insieme alle amiche nei locali pubblici, per divertirsi. Le donne sì che erano libere. Infatti, come poteva un uomo utilizzare il Generatore d’orgasmi? Impossibile farlo in pubblico per ovvi motivi; solo di nascosto, in privato, come una cura di cui vergognarsi. Se un giorno si fosse deciso ad avere un figlio, avrebbe fatto richiesta al Centro d’incubazione artificiale. Avrebbe scelto le caratteristiche del genoma dell’ovulo da fecondare e poi l’utero artificiale avrebbe completato l’opera. Jordan non riusciva a nascondere a se stesso di sentirsi solo. Provava una di quelle sensazioni descritte in quei vecchi oggetti, spariti dalla quotidianità degli uomini: i libri. Solitudine, malinconia, desiderio di comunicare erano considerate emozioni negative e dolorose e pertanto erano state messe al bando. Per non parlare di quella parola antica di cui si era persa ogni traccia nei discorsi della gente: l’amore. Già da un paio di secoli i governi avevano prima consigliato e poi imposto l’uso del Cancellatore. Le popolazioni erano felici e attive, senza pensieri. Negli ultimi anni qualcosa era cambiato. Erano sorti movimenti spontanei per la restituzione dei ricordi, anche quelli più negativi che producevano un dolore intollerabile. Una follia sicuramente. Solo le generazioni primitive potevano convivere con quello stato atroce di sofferenza, di ansia continua e permanente. I rivoltosi avevano iniziato a insinuare che i programmi dei Cancellatori fossero stati modificati dai governi con decisione unilaterale. Le modifiche avrebbero consentito alle autorità di rimuovere tutte quelle emozioni che ritenevano inopportune per la loro politica. Ma erano chiacchiere. Solo malaugurate ipotesi, lontane dalla realtà di quei mirabili anni che l’umanità stava vivendo. Ora, per allontanare quei fastidiosi pensieri, non doveva fare altro: azionare il Cancellatore. Così dopo un poco avrebbe ancora rivisto quel viso misterioso, affascinante e familiare.
Si adagiò mollemente sul letto, catturato dallo sguardo di quella bellezza inesplicabile, e chiuse gli occhi.
La mattina dopo la decisione era presa: entrare al Castello Svevo e recuperare tutti i suoi ricordi. Non aveva paura del dolore, ma lo temeva; era cosciente che non sarebbe stato semplice affrontarlo. In seguito si sarebbe pentito di quel gesto, ma la curiosità di sapere a chi appartenesse quel viso di donna era troppa. C’erano solo due problemi da risolvere. Quella sconosciuta esperienza avrebbe potuto ucciderlo e poi l’accesso al Castello non era consentito a chiunque. Dopo l’installazione del faro per le frequenze di controllo della viabilità urbana, l’antico sito era divenuto proprietà dell’ACORM, l’Azienda di Controllo delle Onde Radio e Magnetiche. L’edificio era ben conservato ma quasi sepolto dalla vegetazione circostante che cresceva selvaggia. Al suo interno, un grande accumulatore di segnali accettava e archiviava tutti i ricordi negativi cancellati. La polizia internazionale lo utilizzava per individuare eventuali terroristi, assassini e criminali di ogni specie. Chi era dedito alla malavita usava spesso il Cancellatore per poter operare senza rimorsi e, tramite i codici delle agendine, era facile risalire al possessore. Il Castello era divenuto una sorta di discarica, una pattumiera di scorie emotive, ma proprio per quella sua funzione, era ancora lì. La presenza della banca dati e il pennone dell’ACORM al centro del cortile ne impedivano la demolizione. Così svettava, fiero e misterioso, imponente reliquia di un mondo primitivo e selvaggio in grado di sopportare ancora la pesante esperienza dei ricordi negativi. E poi c’erano i libri. Uno dei rari posti al mondo dove ancora esisteva quello strano oggetto. Sì, questa era la strada: i libri. I libri potevano divenire il pretesto più plausibile per accedere al Castello. Avrebbe chiesto aiuto a Venzo, al professore Venzo Piulpi, studioso di lingue antiche e proprietario di quattro o cinque libri ma, forse, era solo una leggenda metropolitana.

« Così hai deciso di ricordare? » Venzo squadrava Jordan dalla testa ai piedi con un’espressione dubbiosa, « sai cosa rischi e a cosa vai incontro? »
« Ho riflettuto molto e sono giunto a questa decisione perché il mio Cancellatore è guasto. »
« Che cosa dici? I Cancellatori non si possono guastare, lo sai benissimo. »
« Forse sono io che non funziono bene. Ho eliminato di volta in volta tutti i miei ricordi negativi, ma mi è rimasta un’angoscia che non riesco a spiegare. Succede solo a me, credo. »
« Non è questo il motivo che ti spinge a entrare al Castello, vero? »
« Una ragazza. Il volto di una ragazza mi appare dopo avere azionato il Cancellatore. Forse tu puoi dirmi chi è, mi conosci da diverso tempo. »
« Potrei dirti il nome di quella donna, ma sarebbe un nome vuoto. Non ti servirebbe a ricordare. E poi, stai attento. Una volta attivata la restituzione dei ricordi negativi, potresti soffrire molto. »
Venzo fece una pausa, guardando pensieroso Jordan.
«  Sono indeciso. I ricordi negativi possono anche uccidere un uomo, ma tu sei un bravo ragazzo e non hai mai fatto del male a nessuno. Non dovresti avere un archivio pesante. Tutto sommato sei la persona più adatta a sperimentare la restituzione. »
« Allora mi aiuterai? »
« Va bene! Comunicherò all’Acorm che ti delego per prelevare un libro dalla biblioteca. Riceverai sulla tua agendina i codici d’accesso e il nome del libro. »
« Grazie Venzo, ti sarò riconoscente. »
« Aspetta a dirlo, non sai quello che ti attende. Quando sarai al Castello prendi subito il libro. Una volta dentro, avrai libero accesso a tutti i locali; nessuno può immaginare che esista un pazzo che rischia la vita o la propria integrità mentale per recuperare il peggio del suo passato. »
« Come farò con il libro? »
« Ho pensato anche a questo, aspetta e guarda. » Così dicendo il professore uscì dalla stanza per tornare dopo qualche attimo sorreggendo, sui palmi delle mani, un libro.
« Allora è vero: possiedi dei libri tuoi. Sono curioso, fammi vedere, non ne ho mai visto uno. »
« Non ti crucciare per questo. Anche al tempo dei libri, c’era gente che non ne aveva mai preso uno in mano. »
Jordan afferrò quell’oggetto sconosciuto avvicinandolo al viso.
« Che strano… ha un odore molto particolare. »
« È l’inchiostro della stampa. Nonostante i secoli trascorsi si avverte ancora. »
« Non so perché ma mi affascina. Di cosa è fatto, come si utilizza. » Jordan voltava da un lato all’altro il volume come alla ricerca di qualche tasto da pigiare.
« Questa è carta, un materiale che si ricavava dalla cellulosa estratta dagli alberi. Aspetta che ti spiego. » In un raptus di gelosia Venzo strappò il libro dalle mani di Jordan, sorrise e lo posò sul tavolo con la parte più colorata verso l’alto.
« Ecco, questa è la copertina dove si leggono il titolo, il nome dell’autore e il logo di chi si occupava di produrlo e divulgarlo. »
« Non ci capisco niente! »
« Per forza, è italiano! Una lingua morta. Anche per questo non ti affliggere: al tempo in cui si parlava italiano molti uomini erano convinti di padroneggiare la lingua ma, spesso, non ne conoscevano neppure le regole basilari. »
« Una scrittura complicata quindi. E io come farò a distinguere un libro dall’altro, a leggere? »
Il professore mostrò uno specchietto rettangolare, lungo e largo pochi centimetri.
« Questo è un traduttore simultaneo. È sufficiente appoggiarlo così sulle parti da interpretare. Ecco, guarda! »
« Romeo e Giulietta, che nomi strani. »
« Sono i nomi arcaici dei nostri Rimmeo e Gialletta. Una drammatica storia d’amore con un finale tragico. »
« Amore, dramma, tragedia. Certo che questi primitivi sopportavano atroci sofferenze. Per fortuna i tempi sono cambiati. »
« Ti confido, amico mio, che ho letto molti di questi libri. Oggi, forse per la mia età o l’esperienza di ricercatore, mi sono convinto che probabilmente i primitivi siamo noi. Vedi, Jordan, in fondo anche un libro è un accumulatore di ricordi. L’autore, attraverso le parole del racconto, trasmetteva le sue esperienze fatte di sentimenti, emozioni. Il lettore le faceva sue, cogliendo gli aspetti piacevoli e positivi, ma traduceva anche tutto quanto c’era di negativo in consigli per non incorrere negli stessi errori. »
« Ma a quei tempi non c’erano le scuole per questo? »
« Certo che c’erano, ma non sempre educavano a vivere. »
« Allora come puoi dire che i primitivi siamo noi. »
« Perché per fortuna c’erano tanti libri. Chi si applicava a leggerne molti acquisiva un grande senso di libertà, immagazzinava tutte quelle vicende, positive e negative, ed elaborandole prendeva maggiore coscienza del valore della propria esistenza e del vivere civile. »
« Mi stai dicendo che il dolore ha aiutato quelle generazioni a crescere, mentre noi siamo sempre gli stessi? »
« Sì, è così. Abbiamo perso il senso della nostra identità. Le nostre scelte sono dettate da puro egoismo e tendiamo a isolarci sempre di più. Gli altri per noi sono mondi distanti, irraggiungibili e incomprensibili. Ecco perché ognuno di noi vive da solo e i rapporti umani si sono ridotti allo stretto indispensabile. »
« I libri ti hanno insegnato tutto questo? I ricordi dei libri? »
« Sì. »
« E non provi dolore? »
« Non come intendi tu. Sono felice perché mi sento libero e in vita mia ho utilizzato raramente il Cancellatore. Non potevo rischiare di perdere i ricordi legati ai miei libri. »
Jordan voltò le spalle al professore e si diresse verso la grande vetrata.
« Piove di nuovo » disse e poi, guardando in direzione del Castello, aggiunse: « un accumulatore di accumulatori, questo è il Castello. Un luogo dei ricordi, e io pensavo che fosse solo un mucchio di vecchie pietre. »
« Ognuna di quelle pietre è vecchia di secoli di Storia. Ognuna di quelle pietre vive, come vivono i libri che contiene, perché i ricordi non muoiono mai. Neppure se noi li cancelliamo: continueranno a esistere come una sorgente d’acqua pura che nessuno conosce. Attendono solo un viandante assetato per manifestargli la preziosità delle cose semplici ma essenziali. E tu hai sete, Jordan! »
« Andrò al Castello per conoscere il segreto che mi appartiene e basta » e con stizza afferrò l’agendina. « Cancellatore… »
Venzo lo agguantò per le mani bloccandolo.
« Cancellatore in attesa di comando… »
« Non lo fare, Jordan! Potresti dimenticare anche le indicazioni che ti ho dato. »
« Cancellatore in attesa di comando… »
« Cancellatore… annulla! » e ripose l’agendina in tasca.
« Bravo, Jordan. Buona fortuna. »

« Destinazione… Castello, trova attracco. »
« Torri Via Regina Elena, occupate… Torri Piazza Castello, occupate. »
« Cerca attracco livello strada. »
« Torre cinque, Via Ferdinando Cafiero, terminal sedici… livello strada… libero. »
« Procedi. »
« Trenta secondi all’attracco… dieci… attracco effettuato. Cabina al piano. »
« Chiudi cabina, apri su strada. »
« Eseguito. In attesa comando antifurto. »
« Scendo. Aziona antifurto e vai a quel paese! »
« Antifurto azionato. Comando vai a quel paese non eseguibile. Definire con precisione località, prego. »
« Trova su mappa e aspetta. »
« Ricerca di quel paese in corso. Buona giornata Jordan. »
L’odore della vegetazione era insolito per Jordan e lo respirò profondamente, fino a riempirsi i polmoni. Dietro di sé la città, con le altissime torri e l’inarrestabile viavai delle flyingdrops, gli appariva come un mondo lontano. S’incamminò lungo la strada che costeggiava quel verde selvatico. Dopo un poco attraversò un vialetto tra alberi e arbusti fino a raggiungere il piazzale antistante il rivellino. Le mura possenti biancheggiavano al sole e Jordan restò quasi abbagliato. Ammirò quella straordinaria costruzione con i bastioni lanceolati. Una strana sensazione lo avvolse e per un attimo ebbe l’impressione di viaggiare nel tempo. Si scosse da quel turbamento e s’infilò nel rivellino per accedere al ponte sopra il fossato. Davanti all’entrata, guardando le iscrizioni in alto, afferrò l’agendina: « Attiva codici d’ingresso Castello Svevo. »
« Codici attivati, apertura in corso. »
La lastra metallica iniziò a scorrere lateralmente.
« Apertura avvenuta, si prega d’entrare. Chiusura ingresso tra dieci secondi. »
Jordan si mosse attraverso l’atrio coperto e avanzò fino a fermarsi al centro dell’immenso cortile. A pochi passi da lui il pennone dell’Acorm brillava di luci colorate lampeggianti. Lo sguardo di Jordan si posò sulle facciate, sulle arcate dei vari ingressi e su quelle a sostegno delle scale. La voce fredda e impersonale dell’agenda lo riportò alla realtà. Seguì le indicazioni vocali che lo condussero nell’ala federiciana e nei sotterranei del bastione sud orientale. Proseguì con circospezione, ammirando i vari ambienti che attraversava e toccando la pietra delle pareti come per non perdere l’equilibrio, come per mantenere un contatto cosciente con la realtà. Davanti agli scaffali ricolmi di libri rimase paralizzato dalla meraviglia. Iniziò a ispezionare con lo sguardo ogni angolo della biblioteca, muovendosi sempre più velocemente. Jordan si accorse che stava correndo e avvertiva una curiosa sensazione di ebbrezza. Libri, libri, libri. Ovunque gettasse lo sguardo, vedeva solo libri. Ne afferrò un paio e li strinse al petto come una cosa cara, come se avessero un’anima.
« Che sto facendo? Che succede? » Jordan non comprendeva quello che gli stava accadendo. Era al tempo stesso affascinato, incuriosito e perplesso. Così cominciò a sfogliare un libro e a leggere usando lo specchietto traduttore. Dopo un poco sbottò in una fragorosa risata e sempre ridendo cambiò libro. Il suo viso mutava continuamente espressione; adesso era triste, sempre più triste fino a sfociare in un pianto dirotto. La sua attenzione tornò alla lettura appena lasciata e riprese a ridere come un pazzo. Trascorse delle ore completamente assorto dalla lettura, a volte ridendo sguaiatamente, altre piangendo e lanciando anche qualche urlo di disperazione. Fiaccato dall’alternarsi di quelle straordinarie emozioni, chiuse l’ennesimo libro. Rimase per lungo tempo a fissare il soffitto a occhi spalancati, tirò un lungo sospiro e disse: « È venuto il momento di sapere. »
Lesse sull’agenda le indicazioni del libro da prelevare e, quando l’ebbe tra le mani, salì al piano superiore attraverso una scala a chiocciola. Raggiunse quelle che un tempo erano state le sale di lettura, ora custodivano le attrezzature dell’Acorm e l’accumulatore di ricordi. Poggiò il volume su uno dei grandi tavoli e si diresse con decisione verso il pannello di controllo dell’accumulatore.
« Inserisci codici Cancellatore. »
« Comando eseguito. »
« Attivare restituzione ricordi. »
« Attenzione: l’operazione richiesta è pericolosa. La restituzione può essere causa di traumi. Attenzione: i ricordi negativi sono dolorosi, inducono assuefazione alla sofferenza, instabilità emotiva e disturbi dell’attenzione. Procedere o annullare l’operazione. »
« Procedi. »
« Operazione in corso. »
Jordan avvertì un violento senso di vertigine e, dopo essersi seduto, si rese conto che delle immagini venivano proiettate nella sua mente. Vide volti legati alla sua infanzia, compagni di scuola, di giochi, insegnanti, ma perché quei ricordi erano stati rimossi? Poi ancora angoli della città e la mano di una donna che gli accarezza la faccia. Quel viso ancora sfocato gli sussurra qualcosa: « Oggi devi fare il bravo Jordan. »
Poi ancora fotogrammi limpidi, quelli del cortile del Castello e poi della biblioteca. Dunque da bambino era stato altre volte in quei luoghi. Vide le alte file di scaffali e il piccolo Jordan che corre e si nasconde dietro di essi. Poi ancora quel viso sempre più chiaro e decifrabile:
« Devi fare il bravo, Jordan. »
« Ma io sono bravo, mamma! »
Cielo, quella ragazza è sua madre! Perché quel ricordo così bello e tenero era stato portato via? La restituzione proseguì implacabile.
« Jordan, basta giocare a nascondino, vieni fuori da lì. »
« Eccomi, mamma, cosa devo fare? »
« Porta questo a tuo padre. »
La donna gli consegna un libro e Jordan corre tra gli scaffali, attraversa le stanze, sale le scale a chiocciola e raggiunge un uomo seduto di spalle. L’uomo si gira e Jordan sussulta dalla sorpresa: Venzo! Venzo è suo padre. Perché? Perché? Cosa sta accadendo, ma non ha il tempo di riflettere. Altre immagini, altri ricordi. Ora è nel cortile, corre e si diverte scatenato.
« Basta correre, Jordan, sei tutto sudato. »
« Dai, ancora un poco, mamma. »
« Devo chiudere. Vai a chiamare tuo padre, è ora di pranzo. »
« Aspetta, mamma, voglio mostrarti una cosa. »
Jordan corre e sale la scala d’onore, subito rincorso dalla madre. Appena in cima, Jordan monta sulla balaustra.
« Mamma, guarda come sono bravo e coraggioso. »
« Jordan, scendi subito di lì, per favore. »
« Non è pericoloso. Tu hai paura, io no. »
La madre, a due passi da Jordan, lo vede camminare su e giù sul parapetto, ma non osa avvicinarsi nel timore di sbilanciarlo.
« Scendi, Jordan… ti ho detto di scendere. »
Per tutta risposta il ragazzo si mette in equilibrio su un solo piede allargando le braccia.
« Cosa fai? Scendi subito! »
« Vedi come sono bravo? Se sali anche tu, dopo scendo. »
La donna con un’espressione spazientita ma anche di timore, sale a sua volta sulla balaustra.
« Brava, mamma, anche tu sei coraggiosa. »
« Bene, adesso che siamo tutti coraggiosi, possiamo scendere. »
« Aspetta, mamma, prova questo. »
Jordan si mette a saltellare con un solo piede sul davanzale, barcollando per un attimo. La madre lo spinge con forza verso il ballatoio e nel gesto si sbilancia verso l’esterno, precipitando. Il tonfo senza un lamento. Poi le urla strazianti di Venzo:
« Fanella… Fanella… noooo! »
Il piccolo Jordan guarda Venzo sollevare il capo insanguinato della madre. L’uomo piange e urla di disperazione.
Jordan, davanti all’accumulatore di ricordi, fu scosso da violenti fremiti.
« Perché? Perché non mi hai fermato? Perché mi hai lasciato affrontare questa terribile verità. Mia madre è rimasta uccisa per causa mia. »
Dei passi rimbombarono nella sala. Venzo aveva raggiunto suo figlio.
« Cosa fai qui? Maledetto! »
« Ora puoi scegliere se cancellare definitivamente il ricordo di tua madre o convivere con il dolore. »
Jordan strinse l’agendina nelle mani.
« Non ce la faccio, non ce la faccio. »
« Non sei più un bambino, adesso sei in grado di comprendere che si è trattato di un incidente. Tu non hai colpe. »
« È troppo pesante questo ricordo, troppo dolore. Non ce la faccio. »
« Ce la puoi fare invece. Attivando il Cancellatore, sarà come ucciderla veramente. Se cancelli il ricordo di tua madre, dimenticherai la tua infanzia, il bene che ti ha voluto. In parte eliminerai pure me. Ho amato tua madre, ma ho amato e amo anche te. Non mi privare di quello che mi rimane. »
« Quindi mi hai lasciato fare per appagare il tuo egoismo? »
« Sono vecchio ormai e dopo di me nessuno si occuperà dei libri. Con la morte di tua madre questa biblioteca non ha più un custode, qualcuno che la curi. Se l’Acorm e la polizia dovessero spostare queste strutture, il Castello sarà demolito. Non c’è più interesse per i ricordi, per i luoghi della memoria. L’umanità sta precipitando inesorabilmente verso l’oblio, verso la perdita di ogni identità, la cancellazione della Storia. Per questo ho pensato a te. Qui sei cresciuto e hai condiviso anche bei momenti con me e tua madre. Non la cancellare. Falla vivere lasciando vivere i suoi libri, i nostri libri. »
Jordan, tremante e spossato da quell’esperienza, abbracciò suo padre.
« Va bene, hai ragione. La mamma non avrebbe mai voluto che qualcuno facesse sparire il Castello e i suoi libri. »
« Ecco, stai tornando ad amarla. I ricordi stanno risvegliando in te sentimenti dimenticati. Nel tuo cuore troverai anche le carezze di tua madre che ti proteggeranno da ogni dispiacere. Carezze più forti di qualsiasi Cancellatore, perché i Cancellatori tolgono soltanto, senza dare. Ora sai quanta forza c’è nella carezza di una mamma. Ora sai che il dolore più profondo del mondo è la solitudine, ma nessuno è mai solo se legge un libro. »
Jordan e Venzo lasciarono insieme il Castello. Sul tavolo nella sala di lettura rimase un libro, un vecchio libro: il Primo Premio letterario Città di Barletta.